994 resultados para CRITICA DA ARTE


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"Visiones de Italia": p. [97]-192.

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Includes bibliographical references.

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Pós-graduação em Letras - FCLAS

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La mostra è diventata un nuovo paradigma della cultura contemporanea. Sostenuta da proprie regole e da una grammatica complessa produce storie e narrazioni. La presente ricerca di dottorato si struttura come un ragionamento critico sulle strategie del display contemporaneo, tentando di dimostrare, con strumenti investigativi eterogenei, assumendo fonti eclettiche e molteplici approcci disciplinari - dall'arte contemporanea, alla critica d'arte, la museologia, la sociologia, l'architettura e gli studi curatoriali - come il display sia un modello discorsivo di produzione culturale con cui il curatore si esprime. La storia delle esposizioni del XX secolo è piena di tentativi di cambiamento del rapporto tra lo sviluppo di pratiche artistiche e la sperimentazione di un nuovo concetto di mostra. Nei tardi anni Sessanta l’ingresso, nella scena dell’arte, dell’area del concettuale, demolisce, con un azzeramento radicale, tutte le convenzioni della rappresentazione artistica del dopoguerra, ‘teatralizzando’ il medium della mostra come strumento di potere e introducendo un nuovo “stile di presentazione” dei lavori, un display ‘dematerializzato” che rovescia le classiche relazioni tra opera, artista, spazio e istituzione, tra un curatore che sparisce (Siegelaub) e un curatore super-artista (Szeemann), nel superamento del concetto tradizionale di mostra stessa, in cui il lavoro del curatore, in quanto autore creativo, assumeva una propria autonomia strutturale all’interno del sistema dell’arte. Lo studio delle radici di questo cambiamento, ossia l’emergere di due tipi di autorialità: il curatore indipendente e l’artista che produce installazioni, tra il 1968 e il 1972 (le mostre di Siegelaub e Szeemann, la mimesi delle pratiche artistiche e curatoriali di Broodthaers e la tensione tra i due ruoli generata dalla Critica Istituzionale) permette di inquadrare teoricamente il fenomeno. Uno degli obbiettivi della ricerca è stato anche affrontare la letteratura critica attraverso una revisione/costruzione storiografica sul display e la storia delle teorie e pratiche curatoriali - formalizzata in modo non sistematico all'inizio degli anni Novanta, a partire da una rilettura retrospettiva della esperienze delle neoavanguardie – assumendo materiali e metodologie provenienti, come già dichiarato, da ambiti differenti, come richiedeva la composizione sfaccettata e non fissata dell’oggetto di studio, con un atteggiamento che si può definire comparato e post-disciplinare. Il primo capitolo affronta gli anni Sessanta, con la successione sistematica dei primi episodi sperimentali attraverso tre direzioni: l’emergere e l’affermarsi del curatore come autore, la proliferazione di mostre alternative che sovvertivano il formato tradizionale e le innovazioni prodotte dagli artisti organizzatori di mostre della Critica Istituzionale. Esponendo la smaterializzazione concettuale, Seth Siegelaub, gallerista, critico e impresario del concettuale, ha realizzato una serie di mostre innovative; Harald Szeemann crea la posizione indipendente di exhibition maker a partire When attitudes become forms fino al display anarchico di Documenta V; gli artisti organizzatori di mostre della Critica Istituzionale, soprattutto Marcel Broodhthears col suo Musée d’Art Moderne, Départment des Aigles, analizzano la struttura della logica espositiva come opera d’arte. Nel secondo capitolo l’indagine si sposta verso la scena attivista e alternativa americana degli anni Ottanta: Martha Rosler, le pratiche community-based di Group Material, Border Art Workshop/Taller de Arte Fronterizo, Guerrilla Girls, ACT UP, Art Workers' Coalition che, con proposte diverse elaborano un nuovo modello educativo e/o partecipativo di mostra, che diventa anche terreno del confronto sociale. La mostra era uno svincolo cruciale tra l’arte e le opere rese accessibili al pubblico, in particolare le narrazioni, le idee, le storie attivate, attraverso un originale ragionamento sulle implicazioni sociali del ruolo del curatore che suggeriva punti di vista alternativi usando un forum istituzionale. Ogni modalità di display stabiliva relazioni nuove tra artisti, istituzioni e audience generando abitudini e rituali diversi per guardare la mostra. Il potere assegnato all’esposizione, creava contesti e situazioni da agire, che rovesciavano i metodi e i formati culturali tradizionali. Per Group Material, così come nelle reading-room di Martha Rosler, la mostra temporanea era un medium con cui si ‘postulavano’ le strutture di rappresentazione e i modelli sociali attraverso cui, regole, situazioni e luoghi erano spesso sovvertiti. Si propongono come artisti che stanno ridefinendo il ruolo della curatela (significativamente scartano la parola ‘curatori’ e si propongono come ‘organizzatori’). La situazione cambia nel 1989 con la caduta del muro di Berlino. Oltre agli sconvolgimenti geopolitici, la fine della guerra fredda e dell’ideologia, l’apertura ai flussi e gli scambi conseguenti al crollo delle frontiere, i profondi e drammatici cambiamenti politici che coinvolgono l’Europa, corrispondono al parallelo mutamento degli scenari culturali e delle pratiche espositive. Nel terzo capitolo si parte dall’analisi del rapporto tra esposizioni e Late Capitalist Museum - secondo la definizione di Rosalind Krauss - con due mostre cruciali: Le Magiciens de la Terre, alle origini del dibattito postcoloniale e attraverso il soggetto ineffabile di un’esposizione: Les Immatériaux, entrambe al Pompidou. Proseguendo nell’analisi dell’ampio corpus di saggi, articoli, approfondimenti dedicati alle grandi manifestazioni internazionali, e allo studio dell’espansione globale delle Biennali, avviene un cambiamento cruciale a partire da Documenta X del 1997: l’inclusione di lavori di natura interdisciplinare e la persistente integrazione di elementi discorsivi (100 days/100 guests). Nella maggior parte degli interventi in materia di esposizioni su scala globale oggi, quello che viene implicitamente o esplicitamente messo in discussione è il limite del concetto e della forma tradizionale di mostra. La sfida delle pratiche contemporanee è non essere più conformi alle tre unità classiche della modernità: unità di tempo, di spazio e di narrazione. L’episodio più emblematico viene quindi indagato nel terzo capitolo: la Documenta X di Catherine David, il cui merito maggiore è stato quello di dichiarare la mostra come format ormai insufficiente a rappresentare le nuove istanze contemporanee. Le quali avrebbero richiesto - altrimenti - una pluralità di modelli, di spazi e di tempi eterogenei per poter divenire un dispositivo culturale all’altezza dei tempi. La David decostruisce lo spazio museale come luogo esclusivo dell’estetico: dalla mostra laboratorio alla mostra come archivio, l’evento si svolge nel museo ma anche nella città, con sottili interventi di dissimulazione urbana, nel catalogo e nella piattaforma dei 100 giorni di dibattito. Il quarto capitolo affronta l’ultima declinazione di questa sperimentazione espositiva: il fenomeno della proliferazione delle Biennali nei processi di globalizzazione culturale. Dalla prima mostra postcoloniale, la Documenta 11 di Okwui Enwezor e il modello delle Platforms trans-disciplinari, al dissolvimento dei ruoli in uno scenario post-szeemanniano con gli esperimenti curatoriali su larga scala di Sogni e conflitti, alla 50° Biennale di Venezia. Sono analizzati diversi modelli espositivi (la mostra-arcipelago di Edouard Glissant; il display in crescita di Zone of Urgency come estetizzazione del disordine metropolitano; il format relazionale e performativo di Utopia Station; il modello del bric à brac; la “Scuola” di Manifesta 6). Alcune Biennali sono state sorprendentemente autoriflessive e hanno consentito un coinvolgimento più analitico con questa particolare forma espressiva. Qual è l'impatto sulla storia e il dibattito dei sistemi espositivi? Conclusioni: Cos’è la mostra oggi? Uno spazio sotto controllo, uno spazio del conflitto e del dissenso, un modello educativo e/o partecipativo? Una piattaforma, un dispositivo, un archivio? Uno spazio di negoziazione col mercato o uno spazio di riflessione e trasformazione? L’arte del display: ipotesi critiche, prospettive e sviluppi recenti.

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Artes de Exu trata os objetos de arte não só pelos aspectos artísticos e sociológicos, mas também pelos aspectos que ligam as obras a Exu, além do enunciado. Como coisa contida na concepção, na execução e imbricada na própria história da obra. As obras escolhidas são: Tridente de NI (2006) de Alexandre Vogler e Exu dos Ventos (1992), de Mario Cravo Júnior. As obras contêm conflitos que envolvem a mídia, religiosos e políticos. A partir de pesquisas etnográficas é feita uma análise dos olhares que se cruzam na construção dos sentidos na disputa pelo espaço simbólico, considerando ainda o trânsito percorrido pelas obras entre a oficina, o espaço de exposição e a rua. Pertence ainda ao corpo das análises as referências na mídia impressa, forma de veiculação das imagens, apropriações e discursos. As artes de Exu se evidenciam no desenrolar dessas tramas, conforme os objetos artísticos oferecem um lugar para pensar na conciliação entre diferentes: entre a cruz e o tridente, entre Cristo e Exu e entre cristãos e religiões de matriz africana

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Esta dissertação apresenta uma reflexão sobre os processos que levaram os artistas a atuarem em formações grupais e/ou coletivas e os desdobramentos que essas práticas produziram na arte. A partir de diferentes contextos, o estudo analisa algumas concepções sobre grupo e coletivo e em que medida a arte envolve-se em regras e organizações correlativas as que governam as estruturas de uma sociedade. Analisamos a produção dos artistas nos grupos, uns respondendo à lógica mercantil e outros se organizando em torno das questões sociais e políticas dos seus respectivos contextos a fim de produzir diferentes reflexões e intervenções. Ao pensarmos na cidade como território para essa discussão, analisamos o Coletivo Mesa que utiliza como método de trabalho a lógica da dispersão, assumindo a noção de coletivo como ação, movimento, fluxo de entrada e saída de diferentes saberes e concepções no espaço urbano. Apresentamos o projeto Percursos Urbanos que funciona como uma plataforma volante de investigação e convivência que se estrutura a partir de um ônibus comum, um mediador e passageiros que juntos realizam uma partilha de experiências e saberes, lançando novas descobertas e olhares sobre a cidade de Fortaleza/CE. Buscamos ampliar a partir da pesquisa, a possibilidade de incluir na história da cidade, aspectos que não obedeçam somente o caminho traçado pelos monumentos, mas o exercício da flânerie como experiência estética e o discurso como dispositivo mediático

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A partir da análise das diversas versões de Malhas da Liberdade (1976-2008), obra de Cildo Meireles, o ensaio Cama de gato traça um percurso rizomático por entre as transformações e inflexões das estratégias políticas e de alteridade da produção do artista e, de modo mais amplo, de parte da recente arte brasileira. Atravessando aspectos como a história da arte, a subjetividade, a economia e a história, o ensaio faz uma leitura sobre as metaformoses dos modos de participação ativados e propostos pela prática artística, atentando para suas implicações políticas e ideológicas. Por entre a cama de gato de ideias e interpretações do ensaio estão, ainda, reflexões sobre a historiografia da arte brasileira e seu processo de internacionalização, além de uma preocupação com a relação entre arte, participação, alteridade, topologia, espaço social e democracia

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A obra de Hélio Oiticica põe em questão o estatuto, as instituições, as fronteiras e a relação da arte com à politica, do neocroncretismo ayté a arte ambiental, passando pelas conexões com a antiarte e a arte conceitual. O campo de análise se concentra no período em que Hélio Oiticica se envolve com a comunidade da Mangueira, no Rio de Janeiro, anos 1960 e 1970. Esta dissertação se propõe a analisar as intervenções e as propostas de Hélio Oiticica do ponto de vista dos processos sociais que lhe animam e são reconfigurados no ânimo da produção de subjetividade. Assume como enfoque uma transição das práticas e processos artísticos entre o marco da modernidade e da pós-modernidade, que tem consequências diferentes matrizes de produção social, economia do desejo e formas de organização política. Em especial, sob o ponto de vista da resistência, é aprofundada a diferença conceitual entre uma arte voltada à afirmação de identidades e à emancipação, em relação ao marco pós-moderno dos processos de singularização e diferenciação constituinte

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Este trabalho visa examinar as obras: o ovo, divisor, roda dos prazeres, tecelares, tteia n 1, caixa de baratas, caixa de formigas, caixa brasil, ballets neoconcretos, new houses e os filmes e vídeos experimentais de Lygia Pape, em conexões poéticas com os parangolés, penetráveis, bilaterais, relevos espaciais, metaesquemas, núcleos, bólides, cosmococas e a tropicália de Hélio Oiticica. A análise é feita a partir do interesse antropológico dos citados artistas, do seu comprometimento com a formação de uma linguagem-Brasil e do forte experimentalismo de suas proposições; enfoca o movimento, a questão cromática, a construção de mundos, o papel do espectador em seus trabalhos, além da presença da adversidade brasileira como estímulo para as suas produções. Sendo assim, obras como o divisor, as tecelares, a tteia n 1, os parangolés e penetráveis são referidas em diferentes momentos do texto, uma vez que lidam com várias das questões propostas, enquanto trabalhos como os metaesquemas, as bilaterais e os relevos espaciais, aparecem somente em um capítulo, sendo analisadas por apenas um viés, embora existam outras possibilidades. Para embasar as leituras visuais, são utilizadas como fontes bibliográficas os textos e entrevistas dos artistas, além de escritos dos teóricos Aby Warburg, Georges Didi-Huberman, Stanley Cavell, Vilém Flusser, Ronaldo Brito, Guy Brett, Rodrigo Naves, Paola Berenstein Jacques, Michel Collot, entre outros.

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El presente texto se ocupa del problema de los indiscernibles y mi propósito fundamental en estas páginas es arrojar una luz sobre dicho problema. En esa medida, mi escrito consistirá en una interpretación del problema teniendo como referencia teórica la obra filosófica de Danto. Debo subrayar que mi interés no es presentar un comentario ni un resumen de la obra de este autor sino, más bien, hacer un análisis de un problema filosófico. Como veremos, el problema de los indiscernibles vincula temas fundamentales en el campo de la filosofía del arte como el estilo, la estética y la interpretación de una obra de arte. Trataré entonces de dar cuenta de cada uno de estos temas durante mi escrito.

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Port. on t.-p.

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Vita.

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Contiene: Epistola ad amicum autoris olim discipulum ... p. 331 ; Specimen exercitationis criticae de canonibus sardicensibus ... p. 351.